| Tuxedo indietreggiò di alcuni passi, dopo che la sua bambina, Chibiusa, si era trasformata nella Lady Nera un'altra volta.Tuxedo serrò i pugni... non riusciva a credere che nella bambina che aveva tanto amato o che, almeno, avrebbe tanto amato potesse annidarsi tanto odio da permetterle di diventare un temibile nemico, con una minacciosa mezzaluna scura sulla fronte. Sentì il respiro diventare affannoso, il cuore accelerare e un turbinìo di sentimenti contrastanti, tra rabbia, pietà e un estremo desiderio di amore. Era come combattere con la propria ombra.
"Chibiusa! Non puoi non riconoscermi! Sono io, Mamoru, Endymion, tuo padre!"
In tutta risposta la lady lanciò contro di lui un raggio di potere nero che finì fuori tiro. Sailor Moon, poco lontano, debole e ferita, chiamava Chibiusa. Sentendo quelle parole, Mamoru strinse i pugni e serrò la mascella, preparandosi a subire un altro attacco. Veloci nella sua mente, come granuli di polline trasportati dal vento primaverile, scene felici, quadretti familiari allegri scorrevano davanti ai suoi occhi... lui, l'amore della sua vita e la sua bambina, sorridente, davanti una grande e golosa torta di compleanno. Mamoru non poteva colpire sua figlia, sebbene posseduta. Il primo a esserne ferito sarebbe stato lui. Poteva solo difendersi, ma non sarebbe durato a lungo. Un altro attacco: Mamoru cadde nella trappola della lady Nera, che spuntò dritta di fronte a lui e lo colpì, prima all'addome poi sul petto, togliendogli il respiro e facendolo rovinare a terra. Mamoru cadde accanto ad un albero. Riuscì a stento ad aggrapparsi al tronco e poggiarvi la schiena. Aveva perso il bastone, e così ogni possibilità di opporsi a lei. Sentiva i lamenti ed i pianti di Usagi poco lontani. La Lady Nera si presentò davanti a lui. Lui aveva perso, come prevedibile. Ma non era il morire che lo spaventava, il fatto che la sua bambina era diventata una marionetta al servizio del male era diventato il fardello più grande per lui. Gli occhi dell'uomo divennero lucidi, lacrime scaturite da rabbia rassegnazione li riempivano, e belli come il mare con il riflesso del sole, mentre vedeva la sua Chibiusa prepararsi per dargli il colpo finale. La guardò profondamente nei suoi occhi posseduti e le diede un colpo sulle scarpe per farle perdere l'equilibrio. Lei non se l'aspettava, e cadde su di lui. Mamoru l'abbracciò stretta stretta, come solo un padre sapeva fare. La prima reazione della lady fu quella di divincolarsi, ma morì presto: sentendosi avvolta da quella coltre di protezione che tanto aveva desiderato vi si abbandonò. Il piccolo cuoricino di Chibiusa batteva ancora nel petto di quella donna cresciuta con il potere del male. Le nubi scure furono squarciate da un caldo raggio di sole che illuminò il parco e si riflesse nelle candide lacrime che Usagi e le altre guerriere Sailor avevano versato. Tuxedo era ancora lì, stretto alla sua bambina in un abbraccio più forte del tempo. Non c'era gioia tale da poter paragonare a quella che Tuxedo poteva provare in quel momento. Le rivolse un caldo sorriso e le scostò leggermente i capelli dalla fronte, mentre Usagi staccava la spilla dal corpetto per poterla usare per liberare Chibiusa dalla forza malefica. E mentre il male la abbandonava e circondava i due di una luce bianca e pura scaturita dal cristallo d'argento, una lacrima attraversò la guancia dell'uomo: era una lacrima calda, di affetto, una piccola goccia d'acqua che in sé conteneva il più puro e profondo significato di qualcosa che è enorme e complesso, insondabile ed indispensabile, capace di riempire le vite ed i cuori degli uomini: un piccolo ed umile contenitore per il tesoro più prezioso dell'uomo... l'amore.
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